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lunedì 23 aprile 2012

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Il videogioco emigra sullo smartphone





Calano le "console" ed è boom dei titoli semplici ed economici: "Per questi basta un dito"

Segno meno. Per il secondo anno. La recessione non risparmia neppure Super Mario: il mercato dei videogiochi chiude 12 mesi difficili e si prepara ad affrontare la rivoluzione. Non è la prima, non sarà l’ultima. Archiviata l’era delle sale giochi, poi quella dei computer, arriva il momento di ripensare le console: le scatole magiche collegate alla tv, quelle più radicate nell’immaginario di chi è cresciuto negli Anni 90, trascorrendo ore sul tappeto con gli occhi fissi sullo schermo a incastrare pezzi di puzzle e pilotare l’idraulico super-eroe.

I dati appena diffusi dall’Aesvi (Associazione di categoria che rappresenta i produttori di console, gli editori e gli sviluppatori di videogiochi in Italia) non lasciano dubbi: nell’ultimo anno il settore dei videogiochi arretra del 7.1% (nel 2010 era a -2.3%) e il giro d’affari scende sotto il miliardo . Il mercato che soffre di più è quello delle console, minacciate dalla concorrenza di tablet e smartphone, che nel 2011 fa segnare un allarmante -11.7%.

Ma il moltiplicarsi di tavolette e telefonini intelligenti, da solo, non basta a spiegare quello che sta succedendo. «La parola chiave è gamification», dice Fabio Viola, scrittore e sviluppatore di software, che usa un termine inglese per descrivere una quotidianità che somiglia sempre di più ai videogame e non lascia spazio a svaghi ad alto tasso di tecnologia. E’ un gioco comunicare, è un gioco seguire una lezione, è un gioco perfino mettersi in auto- un occhio al navigatore e l’altro al bluetooth- e raggiungere il posto di lavoro. Una volta a casa, chi ha più voglia di accendere la playstation?

«In un mondo del genere dedicarsi alla console è diventato un lusso», dice Viola. Per un ragazzo degli Anni 90 il Nintendo e l’Atari rappresentavano un tuffo nella tecnologia. Oggi lo smartphone è un’abitudine. Risultato: non c’è più un futuro digitale da inseguire e saghe fantastiche e realtà virtuali lasciano spazio a quelli che il «New York Times» definisce «stupid games». Semplici, praticamente elementari, hanno conosciuto un boom senza precedenti. Mentre i colossi del settore, da Microsoft ad Electronic Arts, puntavano ai titoli da «tripla A», l’equivalente dei blockbuster al cinema, migliaia di sviluppatori indipendenti lanciavano i nipotini di Tetris, «una sfilza di rosari digitali - scrive il saggista Sam Anderson - con cui possiamo passare il tempo nei momenti di estasi o ansia economica, politico o esistenziale».

I nuovi giochi, che viaggiano solo su Facebook e sul telefonino, sono economici e semplicissimi. Per vivere un’esperienza interattiva, ad alto tasso di tecnologia, basta e avanza la tavoletta che usiamo in ufficio. Il passatempo più famoso è «Angry Birds»: in una manciata di anni è stato scaricato più di 700 milioni di volte e ha sorpassato Super Mario nella classifica dei più giocati di sempre.

«Angry Birds funziona perché è perfetto per lo smartphone: il meccanismo - l’uso del dito per caricare la fionda - rappresenta l’impiego perfetto della tecnologia touchscreen», prosegue Anderson. «L’evoluzione delle modalità di acquisto e di fruizione facilita l’accesso a nuove fasce di pubblico», ammette Thalita Malagò, segretario di Aesvi, che però non sente campanelli d’allarme. «Il settore - dice, commentando i dati di vendite - riconferma la sua presenza nella classifica dei 5 mercati più importanti in Europa, avanzando di una posizione rispetto al 2010». Secondo Andrea Persegati, dg di Nintendo Italia e presidente Aesvi, questo potrebbe essere l’anno della ripresa: «Per il 2012 guardiamo con entusiasmo al segmento delle piattaforme tradizionali. A febbraio è arrivata la nuova portatile di casa Sony, la PlayStation Vita, mentre a fine anno è previsto il lancio della Nintendo Wii U. Inoltre, Microsoft e Sony potrebbero annunciare qualche novità sul lancio delle nuove versioni delle console».

Eppure, ragiona Fabio Viola, le nubi all’orizzonte sono sempre più di più. «Il mercato dei videogiochi sta diventando sempre più simile a quello musicale. Con gli store online l’offerta si allarga, e i piccoli spiazzano i colossi». Come nel rock malato di retromania, la rivoluzione digitale risparmia solo i grandi vecchi e una manciata di fuoriclasse. Lo scorso anno i titoli più venduti in Italia sono stati Fifa 12 e Pes 2012, portabandiere del calcio virtuale, e hanno tenuto botta gli spara-tutto «Call of Duty», «Battlefield», «Uncharted», «Gears of War». In mezzo, naturalmente, Super Mario, il re dei videogame che ora corre in 3D.

GIUSEPPE BOTTERO - LA STAMPA.IT

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